Il razionalismo di Maxence Caqueret

Il talento del centrocampista ventunenne del Lione ha a che fare soprattutto con l’arguzia e con la geometria. «Ovviamente non sono il calciatore più forte in Ligue 1, quindi devo essere il più intelligente»

Poco dopo la metà del primo tempo di Lille-Lione, Renato Sanches prova un passaggio orizzontale troppo lungo per Soumaré, che è girato di spalle, e allo stesso tempo troppo debole affinché possa arrivare ad Andre, decentrato sulla destra. Appena intercettato il pallone, Maxence Caqueret lo protegge con il sinistro e, dopo aver mandato a vuoto il tackle di Andre, se lo allunga con il destro per saltare anche la pressione di Soumaré – provocando uno scontro sordo e inaspettato tra i corpi dei due mastini.

Riguardando l’azione da diverse angolazioni (soprattutto dalla camera posteriore, sufficientemente bassa da trasmetterne l’intensità), è inevitabile notare come Caqueret sia inafferrabile, ma al tempo stesso tutti i suoi tocchi provengano da un’idea, un pensiero razionale. E anche se si smaterializza tra corpi alti e pesanti il doppio di lui come se fosse Houdini (e dà questa sensazione anche quando salta di nuovo Andre con un tunnel e innesca una ripartenza del Lione appena fuori la sua area), il talento di Caqueret non ha nulla a che fare con la magia: «Ovviamente non sono il calciatore più forte in Ligue 1, quindi devo essere il più intelligente», ha detto dopo un Bordeaux-Lione dell’anno scorso.

Alla fine Caqueret ha allargato sulla destra per Toko-Ekambi, e l’azione si è conclusa con un cross per Slimani, spazzato in calcio d’angolo dal rientro dei difensori del Lille. Insomma, la partita del Parc OL è stato l’acuto più assordante della sua stagione appena conclusa, ma in realtà Caqueret era planato nel mondo del calcio già ad agosto 2020, durante la spedizione Champions del Lione. Prima togliendo il fiato al centrocampo della Juventus, poi illuminando tutte le azioni del Lione in semifinale contro il Bayern Monaco. Secondo L’Equipe, l’ingresso in squadra di Caqueret (che prima di quell’estate aveva giocato solo una decina di partite tra i professionisti) «ha trasformato il gioco del Lione con la sua precisione e la velocità nelle transizioni».

Maxence Caqueret

Il razionalismo di Caqueret

Nonostante si parli di lui già come un veterano, lo scorso 15 febbraio Caqueret ha compiuto solo 21 anni. I suoi allenatori nelle giovanili del Lione, dove è entrato nel 2011, gli riconoscono una determinazione «che lo ha portato a competere con ragazzi molto più grandi di lui» e una leadership che è in qualche modo stonano con l’immagine nostalgica e ordinata che il suo taglio di capelli e la sua presenza in campo ci offrono. «Maxence non parla molto, ma ispira i suoi compagni di squadra con il suo atteggiamento in campo», ha detto all’Equipe Jean-Francois Vulliez, responsabile del settore giovanile dell’OL. «È intelligente e consente alla squadra di giocare».

Contro il Lille, Caqueret ha giocato come interno di destra nel 4-2-3-1 di Garcia, eppure la sua essenzialità nei tocchi, fondamentale per il Lione nella prima costruzione, non gli ha impedito di dare spazio a inserimenti originali e spesso efficaci. Al 19’ si era inserito sulla destra e, dopo la verticalizzazione sbagliata da Paquetà, aveva anticipato la protezione del pallone di Bradaric contorcendosi in scivolata intorno ai suoi 175 cm, e così era riuscito a far filtrare il pallone in area per l’1-0 di Slimani. È come se, pur svantaggiato sul piano fisico o tecnico, Caqueret abbia sempre chiaro il modo con cui manipolare gli avversari in un campo da calcio.

Maxence è cresciuto a Venissieux, un quartiere operaio della periferia sud di Lione. Nonostante l’OL sia parte integrante della sua vita da più di 10 anni, la sua prima squadra è stata l’FC Chaponnay Marennes (il suo primo allenatore lo ricorda ancora come un «talento naturale»). Il suo videogioco preferito è Tetris, e forse questo rende ancora più chiara la conformazione mentale prima che fisica che Caqueret emana con i suoi tocchi essenziali e ragionati (finora ha completato l’88.2% di passaggi tentati in stagione). L’unico scopo di Tetris è la riorganizzazione frenetica, l’incastro di più forme geometriche possibili grazie all’arguzia.

Ecco, il talento di Caqueret ha prima di tutto a che fare con l’arguzia e la geometria. È come se i suoi piedi avessero una capacità di calcolo infinitamente superiore a quella del cervello, vagliando tutte le sfumature del gioco e scegliendo di volta in volta la più adatta. Ma in fondo è la velocità di esecuzione a farlo sembrare qualcosa di più vicino a un istintivo che non a un razionalista (quando gli hanno chiesto chi fosse il suo idolo ha risposto con un illusionista del calcio: Andrés Iniesta). E non può essere un caso se nelle giovanili – quando, essenzialmente, era più forte degli altri – giocava da numero 10, mentre tra i professionisti ha dovuto ricalibrare il suo stile più come regista che come mezzapunta.

Come Caqueret cambia il Lione

Proprio l’evoluzione tattica è al centro della crescita di Caqueret. Prima dell’arrivo di Rudi Garcia all’OL a settembre 2019, Maxence non aveva ancora debuttato in prima squadra a causa anche dell’arrivo, nella stessa sessione di mercato, di Thiago Mendes e Bruno Guimaraes. Dopo la vittoria a Bordeaux dell’11 gennaio (Caqueret tra i migliori in campo), Garcia ha detto di averlo schierato perché con Caqueret il Lione ha più «controllo tecnico a centrocampo», mentre Juninho Pernambucano – ds dell’OL – ha ammirato la pulizia del suo calcio a un tocco: «ho notato subito che è cresciuto nel futsal come molti brasiliani».

Nel 3-5-2 con cui il Lione ha affrontato la fase finale della scorsa Champions League, Caqueret era stato schierato come mezzala sul centro-destra, da “numero otto”. In quella posizione aveva corso 14 km contro la Juventus, sfiancando Rabiot e dato l’impressione di essere anche più di un semplice playmaker o ex trequartista. La razionalità e la tecnica sono la dimostrazione più profonda e al tempo stesso naturale del suo talento, ma Caqueret è anche un centrocampista elettrico.

Quest’anno è stato in vetta ai calciatori della Ligue 1 che recuperano più volte il pallone con il pressing, e la sua precisione nei tackle è semplicemente senza senso (98%, ne tenta 4.03 a partita), così come il numero delle volte in cui va in pressing (31.01 volte ogni 90 minuti). Ovviamente, a volte è incappato in problemi di immaturità: per esempio, contro il Monaco, è stato espulso per due falli evitabili, e in generale ha l’ammonizione facile. Proprio per tutto questo, però, Caqueret si avvicina poco a qualsiasi paragone: il suo stile di gioco è tanto essenziale quanto nuovo, inedito.

Caqueret è un regista, ma non solo questo: se c’è da cucire il gioco tra le linee non ci pensa due volte, così come quando c’è da rincorrere un avversario per riconquistare il possesso. In particolare, la sua capacità di giocare a un tocco e rendere pulita la prima costruzione è fondamentale per il contesto tattico dell’OL. La squadra di Garcia attaccava con un 3-2-4-1 estremamente reattivo, e se uno tra Bruno Guimaraes e Thiago Mendes aveva obblighi di copertura, l’altro centrale – scambiandosi spesso di posizione con Paquetà – era infatti l’artefice creativo della manovra.

Maxence Caqueret

I margini di crescita

Pensando al ritmo che scandisce quando può condurre il pallone, le accelerazioni di Caqueret hanno qualcosa che ricorda la potenza e la vivacità dell’assolo finale di Brian May in The Show Must Go On, ma calato in un contesto di squadra più vicino a una canzone pop ristagnante già dal refrain. «La Francia può aspettarsi molto da lui nei prossimi anni» ha detto il suo compagno di squadra Marcelo a The Athletic. «Giocherà per la nazionale, ne sono sicuro».

E se in molti lo vedono come un piccolo Verratti, Maxence Caqueret ha già le idee chiare sul suo stile unico e dinamico, perfettamente integrato nel calcio moderno: «Il mio gioco consiste nel mantenere le cose semplici e lasciare che gli altri giochino» ha detto in un’intervista. «Nel calcio, l’intelligenza trionfa sul fisico».

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