L’esperimento dell’Afro-Napoli United

Nata soli dieci anni fa, promozione dopo promozione la realtà multietnica del calcio napoletano ha conquistato l’Eccellenza e ha rotto i confini del razzismo

Le stazioni dei treni non sono soltanto snodi di scambio, luoghi di transumanza o addii, ma spesso hanno un ruolo di connessione e coesione umana che parte dal basso. Parte, più esattamente, da quella precarietà riscontrabile in chi le vive di giorno e di notte, perché le stazioni sono in realtà snodi di scambio di vita pulsante. Quella di Napoli Centrale, analizzata in superficie, non differisce poi così tanto da Roma Termini o Milano Centrale. Se, però, si effettua il periplo delle zone circostanti è facile notare come la sua popolazione sia un mix armonioso di cittadini di origine africana e napoletani da diverse generazioni.

Ed è proprio da questo luogo assoluto che dieci anni fa una serie di ragazzi iniziava ad effettuare una serie di percorsi andata e ritorno verso il campo di allenamento e di gioco dell’Afro-Napoli United, una realtà nata con uno spirito sociale e adesso proiettata nella quinta serie nazionale, quell’Eccellenza dove militano una serie di squadre storiche della Campania come la Puteolana, la Frattese o l’Afragolese, provenienti da realtà consolidate dell’hinterland napoletano.

Dopo quasi una promozione all’anno, nell’ambito di un ruolino di marcia da corazzata nata dal nulla, l’Afro-Napoli si trova adesso a combattere ai piani alti della classifica del girone A dell’Eccellenza della regione Campania, uno degli scenari del calcio più rustico e ostile del pallone dello Stivale, dove nessuno fa sconti e oltre al talento è necessario disporre anche della giusta cazzimma.

Afro-Napoli United

Squadra di tutti

A Mugnano, periferia Nord-ovest di Napoli, lo stadio Alberto Vallefuoco, messo in piedi nel 2008 e dedicato a una vittima della Camorra, è la casa dell’Afro-Napoli. Ma in special modo lo è dei suoi tifosi, circa duecento, i quali seguono gli allenamenti e le partite in casa e fuori con la dedizione di chi ha trovato in questa società una nuova scusa per seguire da vicino il calcio e le dinamiche sociale che lo circondano.

Un piccolo avamposto ai margini di una città caotica che ha aperto il suo cuore al mondo grazie al calcio, il più popolare dei veicoli. I risultati sportivi, straordinari, sono però solo la punta dell’iceberg di un progetto umanamente e socialmente sopra le righe. Calciatori di oltre venti paesi si sono avvicendati nella rosa dell’Afro-Napoli: da Capo Verde all’Inghilterra passando per l’Argentina e l’Iran, i rappresentanti dell’arcobaleno calcistico dall’accento partenopeo hanno costruito una storia breve ma piena di anfratti speranzosi.

Aprendo un mappamondo virtuale è facile disorientarsi cercando l’origine di tutti i calciatori che hanno fatto o fanno parte della rosa dei Leoni. Partendo dal criollo capoverdiano dei primi anni dalla terza categoria alla Promozione siamo arrivati adesso al criollo argentino dei cinque rappresentanti della squadra che lotta per salire in serie D. La maglia verde simboleggia la terra, quell’elemento di origine di ogni uomo alla base dell’idea della società di combattere il razzismo e ispirare le nuove generazioni.

L’Afro, come lo chiamano tutti, è la Black Athena del pallone, l’Alfa assoluta delle percezioni istintive di un calcio che deve unire invece di dividere. Il concetto di Africa come madre terra, di germe originario la cui pelle non è prettamente scura ma il cui cuore è grande e allegro. Il concetto di Africa come embrione assoluto, culla dell’umanità espansasi poi in tutto il mondo, con l’aggettivo criollo che ha raggiunto il Sudamerica ed è tornato in Europa attraverso i migranti vecchi e nuovi.

L’Afro è la seconda squadra di tantissimi napoletani che, oltre alla compagine allenata da Carlo Ancelotti, seguono con ansia le vicissitudini di un gruppo che non rappresenta nessuna località geografica in particolare e che dietro di sé si porta appena un gruppo di 200 persone partita dopo partita.

Afro-Napoli United

Una famiglia

Partita praticamente dal sottosuolo dall’idea romantica e quasi utopica del presidente Antonio Gargiulo, l’Afro si appoggia a varie sponsorizzazioni locali e impegnate nel sociale, come la Gesco, il principale gruppo di imprese sociali della Campania che ha piantato il seme della squadra alla fine del 2009. «L’Afro-Napoli è una famiglia», diceva tempo fa l’ex capitano Aldair Soares, capoverdiano trapiantato a Napoli da tanti anni e durante tanti anni il capitano dei Leoni.

La pelle della squadra è andata cambiando negli anni proprio come la muta di un serpente, o meglio come la pelle di un camaleonte in grado di adattarsi all’ecosistema circostante. Scalando in maniera rapida le vette del calcio agonistico regionale, le esigenze sono cambiate e adesso la rosa in mano al tecnico Salvatore Ambrosino è una famiglia unita nell’intento di sfondare un’altra porta sempre sotto l’egida della sportività e della lotta al razzismo.

L’evento di celebrazione dei dieci anni della società si è tenuto a Palazzo San Giacomo, sede del municipio di Napoli, sotto lo sguardo dell’assessore comunale allo sport Ciro Borriello, il quale ha definito l’Afro-Napoli «una storia bellissima ed un esempio per tutti», oltre ad aprire uno spiraglio di entusiasmo non da poco riguardo un possibile utilizzo dello stadio San Paolo in caso di futuri playoff. Dopo le Universiadi e la Champions League, che ha visto il Liverpool campione d’Europa calcare poco fa il prato di Fuorigrotta, l’Afro potrebbe così squarciare il velo di Maya dei grandi palcoscenici.

Afro-Napoli United

In tempi di eccessiva acredine verso chiunque proviene da un pezzo di terra diverso e mentre l’onda del populismo impera anche sullo sport, la lotta al razzismo è d’obbligo per provare a costruire un futuro più armonioso. Il pallone calciato in aria da Mario Balotelli a Verona è solo l’episodio più visibile di un’anacronistica e arbitraria ostilità di stampo razzista verso l’avversario, il calcio ha il dovere di proporsi come veicolo di lotta verso l’ignoranza del tifoso medio.

In questo contesto il compito dell’Afro-Napoli è doppio: varcare i confini della Campania calcistica e diffondere un messaggio di tolleranza e armonia. Dal Vallefuoco al San Paolo, la seconda squadra dei napoletani vuole entrare nella storia in tutti i sensi.

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