Nel 1973 Brežnev impedì alla nazionale dell’Unione Sovietica di volare in Cile per lo spareggio in vista della Coppa del Mondo del 1974. Ne venne fuori una partita surreale in uno stadio dove fino a poco tempo prima erano stati massacrati gli oppositori della dittatura
Le ossa dei dissidenti comunisti sono nella polvere del deserto Atacama mescolate con la carnazza scura delle mummie Chinchorro, le più antiche del mondo, imbalsamate per non spaventare i vivi o, forse, per non svegliare ancora i morti; nel deserto erano stati spostati molti oponentes del generale Augusto “Gafas Oscuras” Pinochet perché si giocasse, il 21 novembre 1973, l’incontro di ritorno tra Cile e Unione Sovietica decisivo per la qualificazione al Mondiale Germania 1974. All’andata era finita 0-0. Il cespuglioso Brežnev, contrario a dittature altrui, impedì alla sua nazionale di volare in Cile, a lui quel Gafas Oscuras proprio non stava simpatico con quella faccia da seduttore maligno: aveva fatto deportare, imprigionare torturare nello stadio Nacional migliaia di sostenitori di Allende, morto poche settimane prima nel golpe militare; e fu così che l’Unione Sovietica non scese in campo quel pomeriggio ma la nazionale cilena sì, per ordine della Federazione.
Sugli spalti diciottomila persone a festeggiare ma erano comparse, solo un rumore di fondo quando cominciò l’azione della squadra sudamericana con un tu passa a me che io passo a te fino a quando, saltellando svogliati davanti ad avversari invisibili, con il cuore stanco come quello di un vecchio, la palla arrivò sui piedi infelici del capitano Francisco Valdez che prima calciò in rete con la malinconia della morte e poi si voltò con faccia triste. Una pantomima, come quella della partita da tennis senza racchetta e senza pallina in Blow up di Michelangelo Antonioni o come il corpo cartoon di Jacques Tati quando interpreta la solitudine nevrotica del portiere che rilancia e prende gol senza che ci sia il pallone.
È uno stadio vuoto, dunque, pure se c’è folla, in campo non avviene nulla e quel gol non c’è mai stato pure se sul tabellone c’è scritto Selecion de Chile 1 – Selecion Unione Sovietvca 0. Forse sugli spalti c’erano le mummie Chinchorro con le facce da Gafas Oscuras per la pantomima che, come direbbe Céline, non ha alcun rapporto con la realtà, è più un’illusione, una fantasmagoria la Féerie che quel pomeriggio travolse il Cile e ammutolì uno stadio. Fino a pochi giorni prima nelle curve dello stadio c’erano seduti uomini incappucciati circondati da militari col mitra, all’esterno impietrivano i parenti in lacrime, tramortiti dal dolore perché sentivano i nomi delle persone sequestrate pronunciati da un altoparlante abituato a scandire quelli dei calciatori; stadio feroce, cattivo, fatto di sofferenza più che di cemento mentre sul campo un uomo nascosto sotto un cappuccio – il socialista e sindacalista Juan René Muñoz Alarcon, per vendetta contro i suoi ex compagni – indicava le persone da torturare e uccidere negli spogliatoi.
Gli stadi sudamericani sono stati, negli anni Settanta, lager surreali, anche il Brasile, prima ancora, con i colonnelli, metteva in paranza gli studenti nello stadio di General Severiano, solo che di loro si sussurra mica si parla anzi si dimentica e anche la tragedia di quegli anni si è dispersa nella storia. In quel capolavoro del fumetto che è L’Eternauta di Oesterheld e Solano Lopez, dopo una invasione aliena, i soldati portano i sopravvissuti in uno stadio e uccidono insetti telecomandati ma una nube provoca all’interno dello stadio allucinazioni pericolose – e per molti anni il Sudamerica è stato un trip folle e cattivo tra colonnelli e desaparecidos argentini, quelli che morivano mentre, nel 1978, la Nazionale vinceva un Mondiale generalissimo per volutas della tragica triade Massera – Videla – Agosti; stadi pienissimi, come vuoti erano in Cile.
Non erano gli alieni di Oesterheld stavolta ma calciatori veri che con le loro azioni coprivano le grida di morte della Escuela de Mecánica dove venivano nascosti i prigionieri. Gli stadi sudamericani anche negli anni Ottanta (Uruguay, Bolivia)ancora gridavano per coprire le urla di chi moriva di politica; nella serie televisiva “Black summer” per salvarsi dagli zombie si cerca di raggiungere uno stadio (di football americano) e quando tre dei protagonisti lo raggiungono le gradinate sono vuote, silenziose mentre fuori la strage continua: il campo è perfetto, pulito, i tre vanno verso il centro; ancora silenzio e diffidenza perché in certi stadi la paura non va via.


