Capelli al vento, fantasia in campo, Kundera e Nietzsche come antidoto a un sistema calcio rimbambito dai soldi e dalla pochezza intellettuale. Ecco l’ala destra che incantato Saint Étienne e PSG
Hitler desiderava, dopo aver visto il successo di Henry Ford, un’automobile per tutte le famiglie, una Volkswagen, l’auto per il popolo, che desse garanzia di prezzo basso e bassi consumi, solo che il dittatore austriaco non era costruttore e allora Ferdinand Porsche, quando venne a conoscenza del suo desiderio, gli propose quella che poi sarebbe diventata la KDF Wagen, acronimo di Kraft Durch Freude (forza attraverso la gioia), organizzazione della Germania nazionalsocialista che forniva numerose attività ricreative a basso costo, tra cui concerti, gite e vacanze.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale l’auto conobbe un successo planetario clamoroso; in Germania e Austria diventò käfer; in USA e Gran Bretagna, Beetle; in Spagna, Messico nel Sud America Vocho; in Brasile Fusca, in Italia Maggiolino (per la forma assai simile a quella del coleottero) – infine i francesi lo chiamarono Coccinelle e quando a metà degli anni Settanta l’acquista Dominique Rocheteau lui se ne va a zonzo per le campagna francese a leggere il trotzkista Alain Krivine, uno dei fondatori della Ligue communiste révolutionnaire, movimento ambientalista e anticapitalista di estrema sinistra; in quel periodo il Maggiolino comincia a declinare dopo aver folleggiato tra colori e droghe negli anni hippy; l’autostop, per colpa di Tim Bundy, si è trasformato in pericolo mortale soprattutto per le donne insofferenti alle regole patriarcali; Hamida Djandoubi, tunisino recluso per aver ucciso e torturato la sua ex fidanzata che non voleva prostituirsi, nel 1977 è l’ultimo uomo a essere ghigliottinato in Francia.
Rochetau è l’ala destra del Saint Étienne, uno di quelli che fa impazzire le difese soprattutto quando sembra sul punto di perdere il pallone per il suo passo che inganna, segna molto, ha capelli lunghi come buona parte dei cantanti rock anni Settanta e un viso gentile, di delicata finezza che tanto piace alle donne; la Francia è orgogliosa di avere finalmente un calciatore di livello europeo, capelli al vento, fantasia sul campo e attenzione agli ultimi; è uno che legge Kundera, Nietzsche, Bakunin e poco gli piace il sistema calcio, rimbambito dai soldi e dalla pochezza intellettuale.
Pochissimi anni prima, quando è adolescente, vari infortuni lo hanno demoralizzato al punto da pensare di smettere per andare a lavorare con il padre e il fratello Antony: coltivare ostriche, la stessa attività del nonno. Siamo nel 1974, anno in cui viene eletto Valéry Giscard d’Estaing al posto del defunto Pompidou. Il giovane Rochetau, però, dopo due anni di sofferenze, alla fine riesce a diventare un calciatore decisivo per la qualità del controllo di palla, per la capacità di muoversi dentro e fuori l’area di rigore, per l’accelerazione letale – viene convocato in nazionale, arriva in finale di Coppa Campioni persa contro il Bayern anche perché lui è infortunato, riuscendo a giocare solo gli ultimi minuti e offrendo la palla, dopo una serie di dribbling irridenti, a un compagno che la sciupa davanti alla porta; sono anni, quelli, che esplodono sotto i piedi o fra le mani, come la granata a Parigi gettata nel Drugstore Publicis dal terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez, ossia Carlos, provocando morte e terrore fra Boulevard Saint-Germain e rue de Rennes.
Il mio Paese mi fa male in questi empi anni,
per i giuramenti non mantenuti,
per il suo abbandono e per il destino,
e per il grave fardello che grava i suoi passi.
Il mio Paese mi fa male per i suoi doppi giochi,
per l’oceano aperto ai neri vascelli carichi,
per i suoi marinai morti per placare gli dei,
per i suoi legnami troncati da una forbice troppo lieve.
Il mio Paese mi fa male per tutti i suoi esili,
per le sue prigioni troppo piene, per i suoi giovani morti.
Lamento del poeta Robert Brasillach per una nazione fatta di lutti e di piaceri e che Rochetau cerca di incantare con il suo gioco fatto di regole e di estro, le sue sopracciglia foltissime diventano celebri in tutto il paese, le Verts (come è chiamato il Saint Étienne per la maglia verde) sono un mito tanto che dopo la sconfitta in Coppa Campioni il presidente Giscard d’Estaing fa sfilare la squadra agli Champs-Élysées tra la folla che urla; il tempo passa, si arriva al 1980, è il momento di cambiare, Dominique va al PSG.