Il giorno in cui rapirono il centravanti del Barcellona

Il 1° marzo del 1981 una banda di improvvisati rapisce Quini, attaccante del Barça e capocannoniere della Liga. Un sequestro che durerà poco più di tre settimane e che si concluderà con il rilascio della punta

 

Le illustrazioni dell’articolo sono state realizzate da Salvatore Parola

Quando la voce dei conduttori esce dagli apparecchi radio e dalle televisioni, molti pensano a uno scherzo. L’attaccante del Barcellona Quini, capocannoniere della Liga spagnola, è stato rapito Si parla di un’azione di un gruppo terroristico. È la domenica del 1° marzo 1981. Primera Divisiòn, nona giornata del girone di ritorno. La squadra blaugrana ha appena vinto contro l’Hercules di Alicante. È finita in goleada, 6-0 e il bomber ha segnato una doppietta. La famiglia lo attende all’aeroporto. Sono passate da poco le 21 quando Quini scompare all’improvviso. Si cerca di ricostruire i fatti ma nemmeno i media nazionali sanno dare un senso alla vicenda. Anche perché nessuno rivendica l’accaduto.

Sono le 19,30 e Quini lascia il Camp Nou. L’ultimo che lo vede è Amador, il secondo portiere del Barça. Quini saluta e scappa, alle 21,30 il bomber deve essere assolutamente all’aeroporto di Barcellona-El Prat. Lo attendono la moglie e i due figli, in arrivo da Oviedo per vivere con lui la delicata settimana che porta al partidazo con l’Atlético.

Quini va prima a casa e fa una telefonata al suocero. Intorno alle 21 un vicino di casa lo vede parlare con tre sconosciuti. Poi il calciatore scompare nel nulla. In aeroporto non arriva. La famiglia segnala l’accaduto alla polizia e con il passare delle ore il fatto è già notizia. All’ora di pranzo del giorno dopo la Ford Granada di Quini, sportelli aperti e chiavi nel cruscotto, viene ritrovata a 200 metri da casa, quasi non si fosse mai mossa.

I rapitori si fanno vivi nel pomeriggio. Si proclamano membri del “Battaglione Catalano Spagnolo”, sedicente gruppo terroristico unionista di estrema destra, e annunciano che, previo pagamento del riscatto, il giocatore sarà liberato soltanto l’11 marzo. In pratica, il rilascio avverrà dopo la sfida di vertice contro l’Atlético: «Il Barcellona è separatista e non vogliamo che vinca lo scudetto». Con un certo cinismo, qualcuno commenta divertito: «Saranno tifosi dell’Español».

Quini

Qualche ora dopo, fanno uno squillo a un giornalista del quotidiano “La Vanguardia”, imponendo un preciso diktat. Se vogliono rivedere il bomber vivo, i vertici della società catalana devono sborsare 350 milioni di pesetas (4 miliardi di lire, circa 7 milioni e mezzo di euro attuali). Nella notte seguente, a Quini è permesso chiamare la moglie al telefono: «Sto bene, state calmi».

L’Atlético Madrid, capolista da 19 settimane, si offre di rinviare la partita. Il Barça vuole giocarla ma farebbe bene ad accettare. Ci sono condizioni in cui si può scendere in campo e vincere, altre in cui proprio non si può. Intanto si fa largo l’ipotesi che i colpevoli possano essere criminali comuni. Rilasciano dichiarazioni confuse, sembrano dilettanti allo sbaraglio. Ma sta di fatto che tengono una persona sotto sequestro. Intanto il Barcellona perde 1-0 con l’Atlético. Poi fa altrettanto con il Salamanca (2-1) e la settimana successiva non va oltre lo 0-0 con il Saragozza.

Il 25 marzo 1981 è un mercoledì. La Nazionale delle “Furie rosse” compie un’impresa memorabile vincendo a Wembley con l’Inghilterra. Sarà pure un’amichevole, ma la soddisfazione generale è enorme. È una notte storica per il calcio iberico e per un’intera nazione che si prepara a ospitare il Mondiale. La festa è completata da una notizia che alleggerisce il cuore di milioni di sportivi. A Saragozza, l’attaccante del Barcellona e della Nazionale Quini è stato liberato. Altro che gruppo terroristico di estrema destra, si tratta di una banda di improvvisati che ha tentato un colpo più grande di loro.

I poliziotti arrestano subito uno dei rapitori, nei giorni successivi tocca agli altri. Risulteranno risolutive le intercettazioni telefoniche e la vigilanza sul conto bancario nel quale era stato chiesto di versare il riscatto. La vicenda assume connotazioni grottesche e quasi divertenti, se rilette a posteriori. Così, nel marzo di 39 anni fa, quella che all’epoca era una star del calcio spagnolo diventa celebre nel resto d’Europa, seppur in circostanze spiacevoli.

In effetti Enrique Castro González detto Quini tutto sarebbe fuorché una figura di secondo piano. Si trova a tutt’oggi nella Top 10 dei goleador nella storia della Liga con 219 reti, divise fra Barcellona (54) e Sporting Gijón (165). Cinque volte capocannoniere del campionato: 3 con la maglia del Gijón, 2 con la squadra che fu di Cruijff e poi di Messi e Ronaldinho. Nel 1970 e nel 1977 Quini è il più prolifico anche in Segunda División, il corrispettivo della Serie B italiana.

Quini

Nel palmarès ci sono anche una Coppa delle Coppe, una Coppa della Liga e una Copa del Rey, tutti trofei vinti in blaugrana. Annovera 35 presenze e 5 reti in Nazionale. Con la maglia delle “Furie rosse” partecipa all’Europeo del 1980 in Italia, al Mondiale d’Argentina 1978 e a quello casalingo del 1982. Insomma, un protagonista del calcio spagnolo, noto in tutto il Paese, che “ha bisogno di essere rapito” per assurgere alla ribalta internazionale.

Quini è nato a Oviedo il 23 settembre 1949. Lo stesso giorno di un’altra icona del calcio spagnolo, Juan Manuel Asensi, e di Bruce Springsteen. Sono difficili, i primi anni 80 per la Spagna. Nel 1981 la dittatura franchista è terminata da qualche anno, ma il passaggio alla democrazia è delicato e le tentazioni autoritarie rimangono fortissime.

Il 23 febbraio Re Juan Carlos di Borbone e l’esercito neutralizzano un tentativo di golpe organizzato da un reparto della Guardia Civil guidato dal tenente colonnello Antonio Tejero Molina. Il rischio di un nuevo alzamiento è tutt’altro che peregrino. Il campionato spagnolo riflette in pieno le inquietudini di una fase storica difficile ma non può certo fermarsi perché ogni domenica si rischia un attentato o un rapimento.

Sarà perché è un professionista inappuntabile, sarà perché vuole esorcizzare una vicenda assurda, il giorno dopo la liberazione Quini si unisce al gruppo e svolge regolare seduta di allenamento. Ma certi contraccolpi non si superano in un attimo. Motivo per cui l’allenatore, un redivivo Helenio Herrera, non ritiene opportuno schierarlo in campo nel Clasico con il Real Madrid.

Senza di lui però è una disfatta: vincono i blancos 3-0. Il Real piomba in zona scudetto insieme con la Real Sociedad di San Sebastian. Atlético e Barcellona cedono di schianto, i catalani perlomeno un’attenuante ce l’hanno. La Liga termina il 26 aprile 1981. Real Madrid e Real Sociedad sono entrambe a 45 punti. Un gol segnato da Zamora a 27 secondi dal termine allo Sporting Gijón permette alla Real Sociedad di vincere lo scudetto per miglior differenza reti.

Nei Paesi Baschi è festa, per tanti ipotizzabili motivi. Il Barcellona finisce quinto. Quini ha però di che consolarsi: con 20 reti all’attivo è ancora una volta pichichi, capocannoniere. Malgrado il rapimento, ha ripreso pian piano a fare gol.

La carriera del Brujo (Mago), così lo chiamano in Spagna, prosegue per 6 stagioni. Tre in blaugrana. Poi si ripresenta allo Sporting Gijón. Ma prima di tornare alle origini, nell’estate del 1982, si conferma pichichi per la quinta volta (26 gol). Chiude la stagione segnando la rete del 2-1 che per il Barça vale la Coppa delle Coppe, in finale contro lo Standard Liegi.

L’ultima partita da professionista di Quini porta la data del 14 giugno 1987. Al Molinón, quel giorno lo Sporting Gijón batte – nemmeno a farlo apposta – il Barcellona 1-0. Passato e presente salutano il bomber con un ideale abbraccio collettivo.

Enrique Castro González lascia il calcio all’età di 35 anni. In termini di immagini che restano nella mente, la vicenda del rapimento è riuscita a oscurare perfino 253 gol in 19 anni di attività. Il calcio vive sovente di paradossi e questo è uno dei tanti. Ma se è vero che la vicenda del Brujo ha potuto ispirare lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán nel romanzo Il centravanti è stato assassinato verso sera vuol dire che non sempre un numero di gol in tripla cifra ha la stessa potenza narrativa di un rapimento.

Quini è morto il 27 febbraio 2018 all’età di 68 anni. È stato colpito da un infarto mentre si trovava alla guida della sua auto per le strade di Gijón, città nella quale da anni era residente, accolto da tutti come una semi divinità ormai a riposo.

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