Quanto si diverte, Gasperini

Come non mai, come un allenatore di massimo livello difficilmente può concedersi. Perché con la sua Atalanta ha fatto pace con se stesso e il mondo del calcio.

Non si era mai visto un allenatore ridere, mentre si sbraccia e urla le indicazioni per il concitato finale di una partita importante. Rideva di gusto, Gian Piero Gasperini, subito dopo il gol che ha portato l’Atalanta sul 2-0 in casa dello Shakhtar. Stava riposizionando i giocatori in campo, impartiva istruzioni tattiche fondamentali per cancellare i rischi e la tensione sarebbe dovuta essere alle stelle dal momento che né lui, né l’Atalanta erano mai approdati agli ottavi di Champions.

Era però altrettanto grandi e incontrollabili i sentimenti: l’emozione, l’eccitazione, la commozione. Così Gasperini non riusciva a rimanere serio, quella risata fuori dal contesto è esplosa senza controllo alcuno e ha reso paradossale la scena. Paradossale, ma anche genuina: è il manifesto del calcio in purezza, del motivo per cui questo sport è più di uno sport. La regia della partita ha restituito una sequenza unica, di un allenatore che si sta divertendo, che sta assaporando il momento fino in fondo, che se ne frega della scaramanzia perché quell’attimo va vissuto per davvero. E fa bene, dal momento che poi il risultato finale sarà ancora più tondo: 3-0.

 

Negli spogliatoi, qualche minuto più tardi, Gasperini si accoderà alla danza dei suoi giocatori, come si può notare dal video ripreso anche dai canali social ufficiali della Uefa. Scende dal piedistallo dell’allenatore, che secondo un antico manuale ormai in disuso dovrebbe lasciare che siano i calciatori a festeggiare, e sottolinea di nuovo il suo puro divertimento, la volontà di vivere ogni secondo dell’impresa che si concretizza.

Gasperini si diverte perché sta chiudendo il cerchio di una carriera che, ad un certo punto, sembrava destinata a spezzarsi definitivamente. E lo sta facendo senza compromessi, senza scendere a patti, solo con le sue abilità, il suo modo di pensare il calcio, il suo gioco preferito. Sente l’Atalanta davvero sua perché è in effetti il progetto perfetto per le capacità che ha mostrato in carriera: prendere una piccola squadra e portare il rendimento oltre le reali possibilità, allenare giocatori semisconosciuti e trasformarli in realtà di prim’ordine, il tutto, stavolta, abbinando risultati tangibili come la conquista dell’Europa League, del record di punti della società in campionato, e della prima Champions League nella storia del club.

Gasperini si diverte, e si vede. In campo, dove non ha paura di inserire un giovane come Ibañez nel momento decisivo della gara decisiva, perché il rischio è anche adrenalina che alimenta un circolo ormai virtuoso. Puoi permettertelo quando tutto funziona e ogni cosa va al suo posto con naturalezza: Ibañez rischia la frittata appena entrato, ma poi toglierà le castagne dal fuoco con un paio di colpi di testa in area. Gasperini è incosciente perché è con l’incoscienza che ha trovato il modo di realizzarsi: quando schierò una formazione di giovani sconosciuti nella partita in cui rischiava la panchina, dopo pochi mesi a Bergamo. Figurarsi allora se può aver paura nella partita che vale gli ottavi di Champions, che vuoi che sia: è solo un ulteriore folle capitolo di una storia che di ordinario non ha granché.

Si diverte, Gasperini, perché ormai non ha più nulla da chiedere. La sua carriera è marchiata a fuoco da questi anni, del resto non ci si ricorda nemmeno più. Non conserva più quella rabbia che lo tormentava negli anni post-Inter, ha fatto pace con il mondo del calcio perché ha finalmente ricevuto quanto pensava di aver dato. Quel che viene è in più, è tutto di guadagnato, ed è il motivo per cui in estate ha rifiutato la Roma per restare all’Atalanta: in una situazione normale avrebbe potuto pensare di non poter fare di più, a Bergamo no, anche un disastro sarebbe stato accolto con tranquillità, vista la prima partecipazione in Champions. Non è un folle, vedeva spazio per migliorare ancora la squadra, o per lo meno per mantenerla ad alti livelli, e infatti così è. Percepiva che il ciclo non fosse terminato, di aver ancora una presa solida sul gruppo e che lo sforzo richiesto per applicare il suo gioco non fosse più uno sforzo, ma un automatismo. E ora si diverte perché le sue sensazioni trovano conferma nelle prestazioni e nei risultati.   

Gasperini, non a caso, è da tempo più sciolto anche ai microfoni. Ha smussato alcuni spigoli del suo carattere, cavalcando l’apprezzamento trasversale che si è guadagnato allenando l’Atalanta, cioè una piccola squadra che per definizione ha meno nemici di una grande, più nota e più in vista. Ogni tanto protesta e si lamenta con ferocia, risollecitando i suoi haters, ma sembrano ormai occasioni rare.

Per il resto, è disponibile e allegro. Sa che il suo calcio è stato capito e apprezzato, che sono stati smontati i tabù sulla difesa a tre e sulla marcatura a uomo e sul difensivismo, anche grazie ai numeri: l’Atalanta è stabilmente il miglior attacco della Serie A, e in quanto a punti nell’anno solare è secondo solo alla Juventus. Ha fatto pace con se stesso e la sua infrangibile convinzione che quel suo modo di allenare fosse giusto, e che lo ha portato ad un eccesso di rigidità in alcune fasi della sua carriera. Probabilmente esisteva una parte di Gasperini che non perdonava all’altra l’integralismo. E ha fatto pace con l’opinione pubblica, che lo applaudiva con poca convinzione, come a dire bravo, sì, ma solo in una realtà minore.

Si diverte, Gasperini, perché al livello superiore è riuscito ad accedere dalla porta secondaria, quella più stretta e scomoda: trasformando l’Atalanta in una grande e allenandola, poi, in quanto tale. Cioè chiedendole sempre di più, eliminando alibi e scuse, cancellando l’idea che chi si accontenta, gode. Ha dato un senso compiuto al suo calcio, che rischiava di rimanere un puro esercizio di stile, qualcosa di diverso solo per il gusto di renderlo tale: il suo calcio è intrattenimento, ma anche una garanzia di risultati sportivi e di conseguenza economici. Così si divertono tutti: i tifosi della Dea, naturalmente, ma anche i suoi dirigenti, e tutti coloro che guardano l’Atalanta. Ma soprattutto, si diverte Gasperini.

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