Dalle risse di Neymar al vomito di Messi, dalle urla di Conte all’aggressione a Kudela, il tunnel che dagli spogliatoi porta al campo è un luogo oscuro, dove avvengono agguati, scontri, insulti, minacce. Non appartiene al campo e nemmeno alla partita ma agli uomini. Lì sotto viene fuori la parte oscura della nostra esistenza
Il tunnel che dagli spogliatoi porta al campo è un luogo oscuro, è la parte ferina, l’elemento orgiastico, il sé naturale e istintivo, l’es freudiano; lì sotto avvengono risse, agguati, insulti, offese su cui, poco dopo, prevale il principio apollineo, la razionalità, la geometria dei comunicati stampa che provano a rettificare o a smentire, spesso sbracando nel ridicolo tanto che pare siano scritti da un caporale e letti buon soldato Sc’vèik – riducono la guerra cioè a semplice fraintendimento.
Poche settimane fa, in Europa League, il difensore dello Slavia Praga Ondrej Kudela avrebbe subito un’aggressione da alcuni calciatori dei Rangers Glasgow sotto al tunnel, lo accusavano di razzismo contro il finlandese (ma di origine sierraleonese) Glen Kamara. Secondo la società cèca, invece, sarebbe stato Kamara a insultare e ad aggredire Kudela, per altre ragioni.
Il malinteso, specie nel calcio, che ricorda i tonti e la Commedia dell’Arte, è il riparatore di destini, per usare un’espressione di Simenon, quello che aggiusta gli impulsi, le rabbie, i rancori soprattutto se non ci sono testimoni ufficiali come gli arbitri o i guardalinee; in realtà se nel tunnel avvengono spesso baruffe e bestemmie è perché ci si sente coperti, lontani dall’apollineo delle immagini, delle leggi, delle luci, dei testimoni; è una schiuma greve di furia che non riguarda più la partita ma quello che c’è dentro ognuno.
Su alcuni campi, a fine match, capita di vedere calciatori che corrono verso il tunnel per sfuggire a bottigliette e petardi e il tunnel, come un serpente, si allunga a bordo campo prima di ritrarsi dopo averli ingoiati.
“È l’intestino che collega il sancta sanctorum della squadra, la zona più intima, all’altare della celebrazione pubblica, la zona più esposta; un piccolo ponte nascosto che unisce due galassie distanti anni luce. È una vena che in un verso, dallo spogliatoio al campo, fa scorrere sangue limpido di sogni e nell’altro, dal campo allo spogliatoio, diventa spesso un’arteria di sangue intossicato: Materazzi che brutalizza Cirillo e zuffe varie. È praticamente impossibile attraversare quel ponte con pulsazioni regolari”.
Scrive in maniera icastica il giornalista Luigi Garlando, lì sotto vien fuori la parte oscura della nostra esistenza e non solo di calciatori umbratili e rissosi, come si preferisce credere, ma anche di flemmatici come Leo Messi che litiga con Monchi del Siviglia e vomita preso da chissà quale fibrillazione; nel tunnel non esistono regolamenti, fair play, estetismi etici e ruffianissimi desideri di consensi.
Per molti la caverna postmoderna è un luogo di libertà, dove esprimere in modo bestiale le proprie pulsioni illecite, quelle stesse che hanno fatto la fortuna del film The Purge (con il seguito di prequel sequel e serie televisiva). Racconta della notte del giudizio in cui si dà libertà a qualunque foia omicida, provocando vittime e carnefici. Sotto al tunnel si ha quasi diritto allo Sfogo, che sia di rappresaglia o di offese.
Neymar, nella partita contro il Lille, s’è fatto espellere assieme a Djalo, fino a quando sono rimasti sul campo mentre si allontanavano parlavano in modo animoso ma non appena il tunnel li ha coperti ecco che il calciatore brasiliano ha spinto il difensore portoghese il quale ha reagito e solo a fatica decine di persone sono riusciti a tenerli lontani.
A questo punto, visti i numerosi precedenti, sarebbe il caso di costruire un’area modello fight club dove poter dar libero scatarro all’emotività; si eviterebbero così squalifiche, zuffe e soprattutto la cosa più incresciosa: i comunicati delle società di calcio. Sono più dannosi di una rissa con la loro ipocrisia che non vuole denunciare ma mentire, coprire invece di rivelare come se nascondere le cose educasse ma poi non si sa chi.
Ecco, quel tunnel che fa da passaggio tra l’interno e l’esterno non appartiene al campo e nemmeno alla partita ma agli uomini, lì sono più volti che corpi, più nervi che schemi, non c’è soltanto la rabbia ma anche la tenerezza, Nainggolan che abbraccia Salah o Higuain che stringe Callejon; gesti intimi, sinceri, che non fanno parte di alcun protocollo. L’Argentinos Juniors nel 2019 dedicò il tunnel d’ingresso a Maradona installando un gigantesco pupazzo gonfiabile che raffigura, con pacchiana enfasi, il fuoriclasse argentino mentre stringe i pugni ed esulta; il petto è squarciato da un buco che fa da entrata/uscita all’antro.
Ci sono anche porte sbattute, il loro rumore è più forte delle grida come a Udine pochi mesi fa tra il furibondo Conte e l’irascibile arbitro Maresca; passano i minuti, le ore, il tunnel allenta la sua tensione, tutti svaniscono come la gloria in polvere e, per usare i versi della grande scrittrice cèca Sylvie Richterová,
Sbircio perplessa la giornata
da una delle porte
non so quale
Ho qui la mia tristezza
pericolosa e crudele
e so bene dove
Dalla perplessità delle porte parte l’elaborazione apollinea, il concetto di Io che comincia a essere elaborato, la reductio ad unum, l’inganno alla Ser Ciappelletto che, uomo di peccati e malefatte, attraverso le parole, modificando la sua vita, la trasformò in santità; ma il tunnel resta un grumo di umori, di paure, di frustrazioni dove si urlano frasi razziste, bestemmie, parolacce, minacce, è la parte interna dell’uomo, la sua mancata resurrezione e la stessa ferocia nasce dalla tristezza pericolosa e crudele di cui parla la Richterová, si trasforma in qualcosa di fetido e scomposto, incapace di essere altro dal mistero semplice dell’es.
Entrare negli spogliatoi con le telecamere, il cui ingresso era stato venduto con gran fanfara, nella parte ancora più interna del budello, non ha rivelato nulla se non calciatori in posa tra scarpette, magliette, panche e armadietti come avveniva nei film della propaganda sovietica o nazista dove Stalin carezzava il grano dei contadini e Hitler baciava i bambini festosi; ci sono verità che per uscire hanno bisogno della tenebra, non sanno che farsene della luce che provoca soltanto disagio e finzione.
Restare convinti che ogni cosa illuminata porti il vero significa continuare a ignorare che è l’inconscio, la selva oscura in cui non ci si smarrisce ma ci si ritrova con la faccia di mister Hyde.