Vent’anni fa uno dei gol più belli nella carriera del fuoriclasse di Caldogno quando, con la maglia del Brescia, frenò la rincorsa scudetto della Juventus
Esistono i gol e i Gol, quelli importanti, pesanti e bellissimi. È una categoria ristretta, ma esclusiva, chi ne fa parte è veramente di un altro pianeta. Compie vent’anni oggi, 1 aprile, peraltro è il compleanno di Arrigo Sacchi, uno di quei gol geniali, quasi inspiegabili, un lampo di classe assoluta da parte di un giocatore a cui la classe usciva dalle tasche, per quanta ne aveva. Una magia capace di ammutolire uno stadio intero, quella di Roberto Baggio con la maglia del Brescia contro la Juventus.
A caccia della Roma
Mancano cinque minuti alla fine della partita, una partita che la Juve sta vincendo 1-0 grazie a un supergol di Zambrotta. È la solita Juventus ancelottiana, che sbuffa, si affanna, fatica e non convince. La giornata è la numero 24 di quella stagione così strana, iniziata a ottobre dopo le Olimpiadi di Sidney e che si concluderà a metà giugno: c’è stata la sosta per le nazionali il weekend precedente e in quello ancora prima i bianconeri sono stati presi a pallate dalla Lazio, 4-1, con doppietta di Nedved che di lì a pochi mesi si trasferirà proprio alla Juventus. La Roma di Fabio Capello può così prendere il volo e issarsi a sette punti dalla Signora.
Il Brescia invece è in zona-retrocessione, terz’ultimo ma tutt’altro che spacciato. In panchina c’è Carlo Mazzone, che nel maggio del 2000 col suo Perugia aveva tolto all’ultima giornata lo scudetto alla Juve grazie al celebre gol di Alessandro Calori e all’ancor più celebre diluvio sullo stadio Renato Curi, favorendo così la Lazio, lui romanista doc. “Sor Carletto” col suo bel 3-5-2 se la gioca a viso aperto al Delle Alpi con Hubner centravanti supportato da Roberto Baggio, arrivato al Brescia proprio in quella stagione dopo due anni contraddittori all’Inter. In un centrocampo di podisti (i gemelli Filippini e sulle fasce Diana e Bachini) spicca l’ultimo acquisto del mercato invernale, un 21enne prodotto locale che fatica a emergere nel calcio che conta: è Andrea Pirlo, per il quale Mazzone ha ritagliato un ruolo diverso dal solito, levandolo dalla trequarti dove rischiava di essere soffocato e posizionandolo al centro, come regista, senza doversi preoccupare di difendere.
Baggio e Pirlo da una parte, Zidane-Del Piero-Inzaghi dall’altra: è un banale pomeriggio di inizio primavera e, come detto, a cinque minuti dal termine la Juventus è in vantaggio con una rasoiata di Zambrotta, non ancora trasformatosi in terzino, sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Nel frattempo la Roma dopo essere andata sotto in casa con il Verona ha rimontato, mantenendosi così a 7 punti di distanza. Mazzone ha buttato nella mischia anche Igli Tare (sì, l’attuale direttore sportivo della Lazio) per pareggiare, ma Van der Sar, portierone olandese uccellato da Totti nell’Europeo del 2000 con l’immortale rigore “a cucchiaio”, non corre grossi rischi.
Pare finita, e invece no, perché sull’asse Pirlo-Baggio sta per nascere un capolavoro.
Mente e braccio
Quando Roberto Baggio arriva a Brescia, sostanzialmente convinto da Mazzone, che gli telefona per chiedergli se abbia ancora “voglia di giocare”, è un calciatore arrugginito e fuori forma. Però Brescia, come Bologna tre anni prima, è una piazza giusta per ripartire e, chissà, ritrovare anche la maglia della Nazionale. Il fisico, però, è quello di sempre, le ginocchia cigolano e contro il Lecce calciando una punizione si strappa, rimanendo fuori due mesi. Anche per questo motivo le Rondinelle barcollano in zona-retrocessione.
Una volta tornato, però, l’apporto del Codino si nota, specie quando segna due gol contro la Fiorentina, sempre per quel suo “vizio” di scatenarsi contro le sue ex-squadre (in carriera saranno 9 le reti ai Viola, 2 al Milan, all’Inter, alla Juve e al Bologna: tutte dopo averle lasciate). Piano piano, anche grazie all’arrivo di Pirlo, sempre più a suo agio da regista, il Brescia si risolleva.
Però in quella partita contro la Juventus non è che stia combinando granché, Baggio. Hubner sì, invece, e prende un palo come Del Piero. Si sa, però, che basta un attimo, un secondo, al fuoriclasse, per colpire. Cinque minuti alla fine, palla persa malamente da Antonio Conte a centrocampo, i bianconeri sono spezzati in due e rinculano pericolosamente verso la difesa: Pirlo alza la testa e vede il Codino, laggiù, sul filo del fuorigioco, con la sua maglia numero 10. Fa quello a cui ci avrebbe abituati da lì in avanti, un lancio di 40 metri, pura utopia quando doveva giocare trequartista o addirittura all’ala sinistra e adesso realtà, perché da regista il radar si è ampliato. Per non parlare dell’essere titolare, un altro miraggio negli ultimi tempi all’Inter, squadra da cui Andrea è stato ceduto in prestito. L’immagine si allarga e c’è Baggio che al primo impatto sembra davvero in fuorigioco. Poi la telecamera riprende anche il resto e si vede Tudor, appena entrato per Iuliano, un filo attardato rispetto ai compagni di reparto della difesa: il croato, insomma, tiene in gioco il numero 10.
Il capolavoro però inizia ora. Roby guarda la palla che gli arriva dalle retrovie, ma al contempo non si sa bene come “avverte” Van der Sar, che è uscito fin quasi al limite dell’area per sbarrargli la strada. Probabilmente con la coda dell’occhio lo nota, sa che è in anticipo, però non c’è il tempo per controllare la palla e per pensare cosa fare subito dopo. Così, in un unico movimento, Baggio come se fosse un cameriere con un vassoio, accoglie la sfera sul suo piede destro, che si piega e forse inganna Van der Sar, perché quel gesto sembra quello di un tiro al volo, mentre invece supera di slancio il portiere olandese.
È una roba di una difficoltà immane, sia mentale, anche solo il pensarla, che fisica, ovvero la realizzazione, che si completa alla perfezione. Controllo e dribbling su Van der Sar, tutto in uno, e non è un controllo sbagliato che diventa dribbling, ma una combinazione tipo quella dei tasti di una mossa di un qualche videogioco, conosciuta solo a chi la effettua.
Come nel rigore “a cucchiaio” subito da Totti, l’estremo difensore olandese fa la figura del gigante goffo, del colosso uccellato dal più furbo, dal più tecnico. Uscendo, VdS è già fuori posizione, prova a sterzare ma viene sorpassato da Baggio che di slancio, con tutta la calma del mondo, deposita la palla nella rete sguarnita: 1-1. Dalle riprese fatte dalla porta del portiere del Brescia, Srnicek, si vede come quest’ultimo quasi non ci creda a quello che ha visto, si mette le mani in testa mentre esulta.
Il Delle Alpi si ammutolisce tranne lo spicchio dei tifosi lombardi, che hanno portato un propiziatorio striscione con scritto “Pesce d’Aprile”, visto il giorno. Un Pesce d’Aprile che si concretizza, l’1-1 rimane nonostante a Pippo Inzaghi venga annullato un gol poco dopo per fuorigioco, lui sì. Il pareggio fa precipitare la Juventus (dove nel frattempo esordisce il brasiliano Athirson, destinato a passare come una meteora) a nove punti dalla Roma quando, al gol di Zambrotta, il distacco si era ridotto addirittura a quattro.
Stappare
“La rincorsa della Juve alla Roma finisce con la prodezza di un campione che Torino ha amato intensamente ma per un tempo troppo breve e senza capirlo fino in fondo: Baggio che ha portato alla Juve meno trionfi di quanti gliene abbia consegnati Favero, ha firmato questa beffa che non fa ridere come le barzellette che raccontava nello spogliatoio” scrive il compianto Marco Ansaldo su La Stampa del giorno dopo.
Per la Gazzetta dello Sport Roby è il migliore in campo e il voto è di 7.5: “Per la serie la classe non ha età, si vede poco, ma punge molto. Due volte vicino al gol, centra il suo terzo bersaglio in campionato con un’autentica perla nel finale. Ma per favore non parliamo di sorpresa, perché sarebbe offensivo per la sua carriera”.
Repubblica è quasi poetico, con Maurizio Crosetti: “Roberto Baggio non ha neppure visto planare quella palla remotissima, probabilmente l’ha solo sentita, ne ha ascoltato il soffio. Il suo piede destro l’ha quindi attirata e smorzata, come a toglierle ogni possibilità ribelle e ogni residuo di vita propria. La palla era una cosa veloce e girevole, dopo la carezza d’esterno è diventata una cosa lenta e quieta. Stop a seguire. Il campione se l’è passata dal destro al sinistro, da Baggio a Baggio, dal Baggio di prima al Baggio di adesso, poi nella porta vuota”.
Il fuoriclasse di Caldogno, invece, vola basso: “Sono stato fortunato”. I suoi compagni e lo stesso Mazzone, invece, sono estasiati soprattutto dalla naturalezza di quel gesto, come se non avesse fatto altro nella vita se non stoppare lanci da quaranta metri e trasformarli in controlli a seguire, scartando anche il portiere.
Quella rete è come se fosse il tappo che sblocca la stagione di Baggio e del Brescia stesso, perché da lì in avanti le Rondinelle raccoglieranno ben 22 punti in 10 partite, un ritmo da scudetto (la Roma, per dire, si ferma a 17), e Roberto andrà a bersaglio altre 7 volte, compresa una tripletta al Lecce, squadra contro cui all’andata si era infortunato gravemente. Però quella perla alla Juventus entra subito nel ristretto gruppo dei migliori gol di Baggio, lui che di meraviglie ne aveva già regalate parecchie ed è anche inutile stare qui ad elencarle. Un instant classic, come si dice in certi casi, che ancora oggi, a vent’anni di distanza, siamo qua, giustamente, a celebrare.