Mercoledì, 30 maggio 1979. L’Olympiastadion di Monaco di Baviera è pieno. Gli spalti parlano inglese e le curve brulicano di Union Jack e Croci di San Giorgio. In altri settori campeggiano sporadiche bandiere svedesi e sciarpe del Malmö. Il Nottingham Forest è lanciato verso la conquista della Coppa dei Campioni. La storia di un’annata incredibile, di una squadra unica al mondo e di un allenatore che lascerà il segno, Brian Clough.
Hanno fatto sforzi pazzeschi. Hanno ribaltato situazioni che sembravano perse e non vogliono cadere proprio stasera. Il tecnico non perdonerebbe. Anzi i tecnici, perché Brian Clough ha un collaboratore competente quanto lui, Peter Taylor. Taylor è la sagacia tattica, Clough è il carisma e il genio della comunicazione. È qualcuno, non ne fa mistero e attira gli strali della critica, lasciando lavorare tranquilla la squadra. In cambio chiede ai giocatori in “rosso Garibaldi” (il Forest usa la maglia di quel colore in onore dell’eroe dei due Mondi) attaccamento, applicazione, sacrifici.
La città è Nottingham, quella di Robin Hood, l’eroe che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Verso la fine degli anni Settanta diviene celebre anche per un’inaspettata serie di successi sportivi ottenuti dal team locale. Il più clamoroso è la vittoria nella Coppa dei Campioni nel 1979. Il Forest è la squadra delle prime volte assolute. Basti dire che nel 1878 l’arbitro dirige la gara tra lo Sheffield Norfolk e il Forest usando per la prima volta un fischietto, mentre nel 1890, ancora il Forest gioca una partita in cui le reti fissate ai pali e alla traversa fanno il debutto assoluto nel calcio.
Il secondo dopoguerra è amaro. Anonimato, Second Division e perfino l’odiato Derby County che nel 1972 vince il campionato grazie a un giovane allenatore, Brian Clough. Poi, il 6 gennaio 1975 il management del Nottingham Forest, relegato nella seconda divisione, mette sotto contratto proprio Clough, in quel momento disoccupato. È un uomo duro, egocentrico, ma può fare la differenza. Clough è chiamato, a metà stagione, a traghettare verso la tranquillità una squadra in crisi di risultati. In due stagioni il Nottingham Forest è in prima divisione.
Cloughie ha con sé l’assistente di sempre Peter Taylor. Grazie all’occhio lungo di Taylor per i talenti in nuce e per le figure funzionali, arrivano O’Hare, McGovern, Robertson, Lloyd, Barrett e O’Neill. Tutto è pronto per la stagione 1977/78 con un Nottingham Forest neopromosso, che in teoria può fare un campionato tranquillo. Nel frattempo il club continua ad acquisire calciatori, altrove sottovalutati: il difensore Burns e il portiere Shilton si vanno ad aggiungere a un gruppo creato con intelligenza e budget ristretto.
Da neopromossa senza pretese, la squadra si porta in testa e mantiene, giornata dopo giornata, un discreto vantaggio sulle inseguitrici. Ci si aspetta che la bolla di sapone scoppi, e invece la stagione si rivela una cavalcata trionfale. Campioni d’Inghilterra, alla faccia dei potenti. Nella stagione 1978-79 il team è impegnato in campionato, FA Cup, League Cup e Coppa dei Campioni. Le punte Woodcock e Birtles, rifornite dagli assist di Robertson, sono una garanzia. La difesa è invalicabile e fra i pali c’è Shilton, a tutt’oggi considerato tra i migliori portieri inglesi di tutti i tempi, insieme con Clemence e Banks. C’è tutto per ben figurare, eppure Clough, alla ricerca della perfezione, vuole tesserare l’attaccante del Birmingham City Trevor Francis. Il trasferimento, costato 1.150.000 sterline, sarà il primo nella storia del calcio inglese a comportare una spesa superiore al milione di sterline (un’altra first time del Nottingham Forest).
L’annata 1978-79 è iniziata. L’attesa per la prima partita di Coppa dei Campioni cresce. La gente di Nottingham aspetta il 13 settembre 1978 ma il sorteggio è amaro. L’esordio in Coppa avviene in casa, contro un’altra squadra inglese, i detentori del titolo. Il Liverpool, gli altri reds: i rossi più blasonati, quelli di Souness, Dalglish e dell’allenatore Bob Paisley. Nei giorni che precedono il match, sui giornali non si fa altro che parlare di Clough e della sua squadra. I media hanno timore che i ragazzi non riescano a reggere la tensione.
Il 13 settembre arriva e il City Ground fa registrare il tutto esaurito. Reds vs reds. La matricola Nottingham sa che sarà dura ma sa anche che non è lì per caso. La squadra prende dunque coraggio e parte all’attacco. Sono passati 26 minuti di gioco quando Woodcock, ricevuta palla dalla trequarti, s’insinua al centro della difesa avversaria e salta il portiere Clemence in uscita. Il pallone finisce sui piedi di Birtles e la punta, a porta vuota, non può esimersi dall’appoggiare in rete. Sull’esultanza dei giocatori di casa, il centrale difensivo Thompson si avvicina a Woodcock e gli dice a brutto muso: «Ma dove pensate di andare? Un gol di vantaggio non vi basterà ad Anfield Road».
È un monologo del Liverpool ma Shilton appare insuperabile. E alla fine per i padroni di casa è l’apoteosi. Tre minuti al termine: Bowyer mette al centro un pallone sul quale Woodcock inventa un assist per Barrett. Il difensore, con una botta al volo dal limite infila il pallone a mezz’altezza fissando il punteggio sul 2-0. Mentre i giocatori rientrano negli spogliatoi Birtles si avvicina a Thompson e, tanto per restituire la battuta, chiede: «Che dici? Due gol basteranno?».
Il 27 settembre ad Anfield Road, i 50 mila tifosi del Liverpool si sentono sicuri di ribaltare il risultato. Ma non hanno fatto i conti con Shilton. Il portierone ripete la gara dell’andata aggiungendo, se possibile, qualcosa. I tentativi degli uomini di Paisley si infrangono contro il muro eretto dai difensori del Forest, e man mano che i minuti passano, il Liverpool vede la porta avversaria restringersi sempre più. Un palo e una traversa completano il complotto astrale.
Il Liverpool campione in carica è fuori al primo turno. Negli ottavi di finale, l’avversaria è l’AEK di Atene. L’andata è prevista per il 18 ottobre nella capitale greca, mentre la second leg avverrà nelle Midlands il 1° novembre. La qualificazione sarebbe in archivio già al termine della prima partita, che il NF vince per 2-1. Al ritorno, in casa, finisce 5-1. Gli ottavi di finale mietono vittime illustri: devono andare a casa PSV Eindhoven, Dinamo Kiev e soprattutto Real Madrid. Gli spagnoli vengono estromessi dagli svizzeri del Grasshoppers. A sorpresa vanno avanti anche Malmö, Colonia e Austria Vienna. I quarti di finale rimandano a marzo 1979.
Che cos’ha di speciale quell’uomo in panchina? Del resto, se malgrado il carattere e le maniere inurbane, oggi non esitano a chiamare Brian Clough a football genius, ci sarà un motivo. Proviene da Middlesbrough, città portuale del North Yorkshire, nell’Inghilterra del nord-est. Classe 1935, origini “working class”, secondo di otto figli, convinto socialista, ha un passato importante nella First Division inglese. Dal 1955 al 1961 il centravanti Clough fa la fortuna della squadra della sua città con 197 gol in 212 presenze. Nel Sunderland mantiene la stessa media-gol.
Quando lascia il calcio agonistico ha 28 anni. Lo ferma un tremendo incidente di gioco. A trent’anni è il più giovane allenatore del Regno Unito. Nell’Hartlepool United lavora con Peter Taylor, ex compagno di squadra al Middlesbrough. Il modulo di gioco del Nottingham Forest è un 4-3-3 abbastanza classico ma adattabile alle diverse situazioni e a seconda dell’avversaria. Si può trasformare in un 4-3-1-2 perché Woodcock, talento calcistico sopraffino, riesce anche a giocare alle spalle delle punte, suggerendo spesso il passaggio decisivo. In fase di non possesso palla può essere un 4-4-2.
Nel frattempo torna di scena la Coppa dei Campioni, quarti di finale. Marzo 1979, l’avversaria del Nottingham è il Grasshoppers di Zurigo. Sulser porta in vantaggio “le cavallette elvetiche”, ma è Birtles, con un tiro di precisione dal limite dell’area a pareggiare. La ripresa si trasforma in un monologo red e con i gol di Robertson, Gemmill e Lloyd il match d’andata finisce 4-1. Con l’1-1 del ritorno si aprono le porte della semifinale. Le altre tre formazioni in lizza sono Austria Vienna, gli svedesi del Malmö e i tedeschi del Colonia. Saranno proprio questi ultimi, gli avversari degli inglesi.
11 aprile, City Ground. I tedeschi sono sul doppio vantaggio con Van Gool e Dieter Muller. La partita si sta disputando su un campo rovinato da una pioggia ininterrotta. Pochi minuti, dunque, e il Forest sembra soggiogato in casa propria. Ma la risposta si fa veemente: Birtles, di testa, accorcia le distanze alla metà del primo tempo e addirittura, dopo un quarto d’ora di gioco della ripresa, i Garibaldi Reds conducono per 3-2. Prima Bowyer con un tiro in mischia, poi Robertson di testa completano la rimonta.
Il pubblico impazzisce di gioia, sembra fatta, ma non è così. Nel 1979 il Colonia annovera ottimi giocatori. Tuttavia a cinque minuti dal termine, è proprio quello che non ti aspetti, il giapponese Okudera (il primo del Sol Levante ad avere mai giocato in Europa), a firmare il definitivo pareggio. Finisce 3-3 e il 25 aprile, servirà la partita perfetta. Brian Clough crede poco nei miracoli, pretende il massimo e la gara perfetta avrà. Il Forest è giudizioso e attendista, tiene palla. Al quarto d’ora della ripresa, la svolta: corner di Robertson, Birtles prolunga la traiettoria del pallone, Bowyer di testa la mette dentro. Tutto il resto è abile gestione del risultato. Finisce 0-1 e a Monaco di Baviera il Nottingham incontrerà il Malmö, l’altra finalista che nessuno avrebbe pronosticato.
Il 30 maggio 1979 l’Olimpiastadion accoglie la squadra che due anni prima giocava nella serie B inglese e che ora tutti ammirano. Comunque andrà, sarà un successo, ma Brian Clough non vuole la medaglia d’argento. Per di più, il Forest può finalmente schierare Trevor Francis, tesserato a gennaio e non utilizzabile in campo internazionale fino a quel momento. Pur non apparendo in grande serata gli inglesi potrebbero andare in gol almeno in un paio di occasioni in pochi minuti, grazie a Birtles.
Gli svedesi cercano il gioco di ripartenza ma sono schiacciati sulla linea mediana e non riescono quasi mai a superare la linea di centrocampo. E all’ultimo minuto del primo tempo arriva la rete del vantaggio dei Reds. L’azione parte da un recupero a centrocampo: Robertson va sulla fascia sinistra e con un doppio passo si crea lo spazio per il cross. Accorre a centro area Francis che in avvitamento anticipa di testa il diretto controllore e il portiere avversario Möller.
Tre quarti dello stadio fanno festa, un quarto invece, addobbato con le bandiere celesti del Malmö, ammutolisce. Nella ripresa il Nottingham Forest, che dà evidenti segni di stanchezza, anche per via di una stagione massacrante alle spalle, fa passare il tempo, costringendo l’avversaria, in realtà molto timida e rinunciataria, a fare gioco. A parte un clamoroso palo di Robertson e alcune giocate a effetto di Woodcock, non succede più nulla. L’arbitro fischia la fine e i Reds sono Campioni d’Europa. Non è la vittoria più bella sul piano estetico della coppia Brian Clough-Peter Taylor ma di sicuro la più importante.
Una cittadina delle Midlands è regina d’Europa 1978-79. La seconda Coppa dei Campioni consecutiva vinta, disputata dal Nottingham Forest nel 1979-80 in qualità di squadra detentrice, rappresenterà per il “Rosso Garibaldi” il punto più alto ma anche l’inizio della parabola discendente. All’origine c’è l’incrinarsi dei rapporti tra un Clough sempre più “padre padrone” e un Taylor stanco di un istrione geniale ma insopportabile. Tuttavia i Garibaldi Reds hanno acquisito un’altra “prima volta”, un ulteriore motivo di unicità. In pieno terzo millennio, il Nottingham Forest è ancora l’unica formazione ad aver fatto sue più Coppe dei Campioni che scudetti. Trovare un corrispettivo su scala mondiale non è soltanto un’impresa difficile: è proprio impossibile
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