I bianconeri hanno continuato a vincere come prima del suo arrivo, ma l’idea di ripagare ingaggio e cartellino del portoghese con il merchandising si è rivelata poco più di un’illusione

I numeri non fanno il tifo, i numeri raramente mentono. Soprattutto quelli contenuti nei bilanci delle società calcistiche, tutte toccate nel profondo dall’emergenza covid-19. L’ECA, l’Associazione dei Club Europei, ha stimato in 4 miliardi di euro la riduzione dei ricavi nei prossimi due anni per il calcio continentale. Una tegola per tutti, ma specialmente per chi vive al di sopra delle proprie possibilità.

Molte big lo fanno e la Juventus è una di queste, come mostrato dall’ultimo bilancio reso pubblico dalla società bianconera, che ha confermato il trend negativo iniziato nel 2018. Fino a tre anni fa la Juventus era un club molto più frugale. Poi l’operazione Cristiano Ronaldo ha sconvolto tutti gli equilibri dei conti societari, portandoli verso un rosso sempre più profondo. Se le conseguenze della pandemia rappresentano una spina nel fianco innegabile per le finanze della Juventus, la presenza di CR7 è una spada conficcata nel corpo bianconero che ha reso strutturali le perdite d’esercizio.

Comparando gli ultimi cinque bilanci, la Juventus ha chiuso con un utile di esercizio la stagione 2015-16 (+4.1 milioni di euro) e quella successiva (+42.6 milioni), per poi transitare verso cifre di segno negativo: -19.2 milioni nel 2017-18, -39.9 milioni nel 18-19, -71.4 milioni nel 19-20. La società ha illustrato le conseguenze delle restrizioni imposte dalla gestione dell’emergenza: la chiusura del museo e dei negozi ha provocato una contrazione dei ricavi da merchandising, mentre le partite a porte chiuse e il parziale rimborso degli abbonamenti hanno ridotto le entrate del botteghino.

Anche gli introiti dai diritti tv hanno risentito dello stop. Eppure guardando i dati del primo semestre, con i numeri non ancora colpiti dall’effetto covid-19, la Juventus presentava una perdita di esercizio di -50 milioni, quindi superiore a quella dell’intera stagione 18-19. Nella seconda parte invece l’emorragia è stata parzialmente contenuta grazie al contenimento dei costi, visto che le 4 mensilità alle quali giocatori e staff tecnico hanno rinunciato ha permesso alla società di risparmiare circa 90 milioni di euro. Quindi la perdita di fatturato rispetto alla stagione precedente (48 milioni, -8%) è stata quasi interamente compensata dal contenimento dei costi (44 milioni, -11%).

Il problema della Juventus sono le spese fuori controllo, causato da una rosa troppo costosa. L’operazione spacca-bilancio è stata quella che ha portato Cristiano Ronaldo a Torino. La società ha pagato al Real Madrid una somma forfettaria di 100 milioni, con costi spalmati a bilancio lungo l’intera durata del contratto, ovvero quattro anni. Ciò equivale a 25 milioni l’anno, ai quali si aggiungono i bonus, che possono portare il costo commissione fino a 28 milioni. CR7 guadagna circa 60 milioni di euro lordi all’anno, quindi pesa su ciascun bilancio del club tra gli 85 e gli 88 milioni. Moltiplicando l’importo per gli anni del suo contratto si arriva a una cifra che oscilla tra i 340 e i 352 milioni complessivi.

Non è quindi un caso che, dal momento del suo arrivo, i costi siano esplosi e l’utile si sia trasformato in perdita. Tali cifre fanno suonare piuttosto ingenue le opinioni che vedevano l’arrivo del portoghese ripagato dai ricavi derivanti dall’indotto generato da sponsor e merchandising. Il primo anno di CR7 ha segnato un’impennata dei ricavi pari a 65 milioni (stima Deloitte): 15 di questi sono arrivati dall’Adidas quale bonus per la firma del nuovo contratto decennale, ma si è trattato di un contributo una tantum, mentre il merchandising e il nuovo albergo inaugurato nei pressi dello stadio hanno generato altri 16 milioni di incremento. Ma non va dimenticato che nel 2018 la Uefa ha aumentato i premi per la partecipazione e i piazzamenti in Champions League, entrata quest’ultima che non può certo rientrare nell’effetto Ronaldo. Il cui costo annuo, come visto pari a 85 milioni, si è mangiato tutti i 65 milioni di maggiori entrate. Da qui i quasi 20 milioni di perdite dell’esercizio 2017-18, incrementate in quelli successivi dalla fisiologica diminuzione dell’hype attorno al portoghese e da risultati sportivi che non hanno fatto registrare il salto di qualità atteso – lo Scudetto la Juventus lo vinceva già prima dell’arrivo di Ronaldo, mentre in Champions sono arrivate un’eliminazione ai quarti e una agli ottavi di finale.

Il ventre molle del bilancio juventino è rappresentato dalla voce di costo Ammortamenti e svalutazioni diritti calciatori, che indica il valore patrimoniale attribuito al parco calciatori. Maggiore è la qualità della rosa, più alta risulta questa cifra. Nel 2015-16 essa ammontava a 67 milioni, per poi crescere progressivamente: 83, 108, 149 (anno dell’acquisto di Matthijs de Ligt per 85 milioni, che ha portato a 195 milioni le spese di investimento in nuovi giocatori), fino ad arrivare ai 175 milioni del 2019-20. Un’esplosione di costi che la Juventus non può reggere se non ricorrendo all’aumento di capitale, come infatti avvenuto nel 2019 con un’iniezione di denaro pari a circa 300 milioni di euro.

Del resto, a livello di fatturato i bianconeri appartengono alla terza fascia d’Europa (sono attualmente decimi in graduatoria), quella che genera entrate tra i 400 e i 500 milioni. Livello Chelsea, Arsenal e Tottenham Hotspur, per inquadrare meglio il contesto. La seconda fascia (Paris Saint Germain, Bayern Monaco, Liverpool e Manchester City) gira attorno ai 600-700 milioni, mentre la prima (Real Madrid, Barcellona, Manchester United) si attesta tra i 700 e gli 850 milioni. Per la Juventus incassi da terza fascia ma spese da prima, visto che la spesa in Ammortamenti e svalutazioni è pressoché equivalente a quella delle merengues (176 a 175) e superiore a quella dei blaugrana (166). Numeri che indicano come la pandemia stia gettando benzina su un fuoco già divampato a causa di altri fattori.

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