Quei Primavera che abbiamo aspettato invano

Nelle giovanili hanno fatto la differenza, ma in Serie A sono stati poco più che meteore. Ecco le promesse non mantenute del campionato Primavera

Promesse non mantenute, carriere crollate repentinamente e sogni svaniti. È la parabola dei quei calciatori che, nel Campionato Primavera, sembravano stelle predestinate e invece si sono ritrovati a vivere carriere normali, persino modeste. A volte è un trauma: come si esce dal grande calcio dopo averlo assaggiato?

«Non lo so, anzi, non voglio pensarci, evito di farlo, perché non troverei una soluzione. Il calcio è davvero un mondo particolare. In una storia come la mia c’è da starci solo male», racconta nel 2009, a Live Sicilia Sport, Marco Quadrini, all’epoca trentenne, ma ex calciatore già da tre anni dopo un inizio di carriera scintillante: difensore nella Primavera della Roma, viene lanciato in Serie A da Zeman, giocando 12 gare, di cui 9 da titolare, in una terza linea formata da compagni di squadra come Cafu, Aldair, Candela e Zago.La storia di Quadrini è emblematica: dopo aver giocato pochissimo con Genoa, Palermo e Napoli, disputa un paio di stagioni in Serie C e poi smette, preferendo il mestiere di allenatore dei ragazzini e divertendosi a tirare calci a un pallone soltanto tra amici.

Ha insistito più a lungo l’attaccante nigeriano Hugo Enyinnaya, protagonista di un indimenticabile successo del Bari sull’Inter di Lippi, 2-1 il 18 dicembre 1999, grazie a un suo bolide e alla magia di un golden boy che qualche promessa poi l’ha mantenuta: Antonio Cassano. All’epoca Enyinnaya ha 18 anni e si appresta a vincere uno storico scudetto Primavera con il Bari. Rimasto fino ai 23 anni tra Serie A e B, giocando sempre pochissimo nella formazione pugliese e nel Livorno, inizia poi un lungo peregrinare che lo riporta nella sua Nigeria, dopo aver assaggiato il campionato polacco ed essere sceso tra Serie D ed Eccellenza, vestendo le maglie di Anziolavinio, Meda e Zagarolo.

Due settimane prima di quel Bari-Inter che accende la meteora Enyinnaya, un altro sogno inizia, per poi essere velocemente rimesso nel cassetto: è quello di Nello Russo, catapultato dalla Primavera interista alla Serie A il 4 dicembre 1999, in occasione di un match con l’Udinese a San Siro. Il giovane attaccante chiude i conti del 3-0 per l’Inter con un guizzo al 90’ su assist di Vieri, dopo essere subentrato a Recoba un quarto d’ora prima. Quella resta l’unica apparizione di Russo nel massimo campionato: successivamente vivacchia dignitosamente tra Serie C e B, ma, non ci sono dubbi, avrebbe sperato in qualcosa di meglio.

Nell’Inter, tempo dopo, si dice un gran bene di Simone Dell’Agnello, cresciuto nel Livorno e approdato ad Appiano Gentile da ragazzino: nella Primavera nerazzurra è una stella, dall’alto delle sue 26 reti in 44 gare tra il 2009 e il 2011, e si fa tutta la trafila delle nazionali giovanili fino all’Under 20. Nel Torneo di Viareggio 2011 trascina i nerazzurri al successo segnando 7 gol in altrettante partite e timbrando con una doppietta la finale vinta 2-0, nella sua Livorno, contro la Fiorentina.

Proprio a Livorno, nelle due stagioni successive, prova a decollare almeno in Serie B, ma non funziona. Scivolato gradualmente verso Serie C e D, Dell’Agnello in questa stagione si è ritrovato desaparecido nell’Arezzo, mai impiegato tra problemi burocratici, scelte tecniche e infortuni. E pensare che non ha ancora compiuto 28 anni.

Al Torneo di Viareggio, nel 2006, è protagonista André Cuneaz della Juventus, votato miglior calciatore di quell’edizione soprattutto grazie a uno spettacolare gol alla Roma, in semifinale, dopo una serie infinita di dribbling. Esterno destro veloce e tecnico, assaggia la Serie B con il Mantova per poi scomparire dal calcio agonistico nel 2014, a 27 anni, dopo tanti problemi fisici, giocando in Eccellenza nell’Aygreville, club della provincia di Aosta. Sono svaniti rapidamente anche i sogni di Matteo Prandelli, 15 gol nel Siena Primavera del 2007-08, qualche esperienza all’estero (nella Serie B belga e in Albania) e tanta Serie D nelle ultime dieci stagioni. Oggi, a 31 anni, è attaccante del Tivoli, squadra d’Eccellenza della provincia di Roma.

Nella Capitale, in maglia giallorossa, è passato il greco Lampros Choutos, tra i casi più clamorosi di promessa calcistica non mantenuta: arrivato a 13 anni nella Roma, si mette immediatamente in evidenza come un bomber straordinario in età precoce. Capocannoniere del campionato Primavera con 17 gol nel 1995-96, a 16 anni, in quella stessa stagione esordisce in Serie A sostituendo Totti in un match contro il Napoli, vinto 4-1 dalla Roma.

Veloce, agile, tecnico, sembra destinato a un futuro radioso e a trovare spazio in breve tempo in prima squadra, ma nelle due stagioni successive si limita a un paio di apparizioni in panchina, restando relegato in Primavera: tra i giovani segna così altre 12 reti nel campionato 1996-97 e 16 nel 1997-98. Nella stagione seguente Zeman non lo considera mai per la prima squadra e Choutos, limitato da qualche evidente bizza caratteriale, continua a far gol in Primavera, firmandone 15 nel 1998-99.

Chiuso dalle parti di Trigoria, l’ormai 20enne attaccante giallorosso inizia a segnare a valanga nella Grecia Under 21 (15 reti in 10 gare è il suo bilancio complessivo), per poi debuttare nella nazionale maggiore ellenica: anche Fabio Capello però lo considera pochissimo, concedendogli un paio di spezzoni di partita in Serie A nella Roma che di lì a poco vincerà lo scudetto.

Così, ormai deluso, Choutos se ne torna in Grecia alla vigilia di Natale del 1999, firmando un quinquennale con l’Olympiakos Pireo. In patria sembra rinascere: segna 7 gol in 13 presenze in campionato, vince lo scudetto greco e trova la prima rete anche in nazionale. Il sogno però dura poco: nei due anni successivi disputa appena 6 gare di campionato, fermato dalla rottura del crociato, poi vede di nuovo la luce, aggiunge al suo curriculum un gol al Manchester United in Champions League (il 23 ottobre 2002), ma nel volgere di pochi mesi scompare, ancora fermato da problemi fisici.

A 25 anni, nel 2004, si ritrova perennemente in tribuna nell’Inter, poi passa all’Atalanta (una presenza), al Maiorca in Spagna (9 presenze e 2 reti), nella Reggina (9 presenze) e ancora nell’Inter campione d’Italia nel 2006-07. Anche se Choutos si gusta ben poco di quello scudetto in nerazzurro, giocando una volta soltanto, 11 minuti all’ultima di campionato.

Ormai i suoi sogni di gloria sono svaniti: neanche la nazionale greca lo convoca più. Choutos gioca ancora per tre anni (con Panionios e Paok Salonicco in Grecia, poi Pescina in Serie C) prima di scomparire dal calcio professionistico a soli 30 anni. Oggi si occupa di scouting: qualche rimpianto resta, ma vive serenamente il suo passato da promessa non mantenuta: «Va bene, tutto accade per un motivo», ha raccontato in un’intervista dell’anno scorso.

A Roma ricordano con rammarico anche Alessandro Simonetta, figlio d’arte (il papà Roberto è stato un discreto attaccante lanciato dal Genoa) e protagonista nella Roma Primavera 2004-05: fortissimo sotto porta, segna 21 reti in 19 gare con i ragazzi di Alberto De Rossi che in quella stagione vincono lo scudetto di categoria. Oggi, all’età di 34 anni, fa un po’ impressione vederlo giocare nella Lega calcio a 8 romana, sapendo che non ha mai visto la Serie A se non un paio di volte dalla panchina, e che ha disputato soltanto 16 gare in Serie B con l’Arezzo, a inizio carriera.

All’epoca dei derby romani in Primavera, l’alter ego di Simonetta è lo spagnolo Alfonso Delgado, che almeno qualche partita in Serie A, con la Lazio, la gioca tra il 2003 e il 2005. Reclutato dalla Gea di Alessandro Moggi, a 26 anni si ritrova già in Serie D, dopo qualche campionato nel Potenza, in Serie C, e un paio di stagioni nel campionato rumeno. Oggi è il bomber del Vis Artena, squadra della provincia di Roma che milita in D.

Nella Lazio si è formato anche Gasperino Cinelli, miglior giocatore del Torneo di Viareggio 1999 a 17 anni, e da molti paragonato a Vincenzo D’Amico. Attaccante esterno tecnico, funambolico e capace di saltare l’uomo, non ha neanche il tempo di sognare, se non per un paio di settimane nel ritiro estivo del 1999, quando si ritrova al fianco dei campioni di Eriksson che di lì a pochi mesi avrebbero trascinato la Lazio al suo secondo scudetto.

Nel 2005, a 23 anni, è già finito in Eccellenza, nell’Alessandria. Di scuola biancoceleste sono anche Federico Macheda e Andrea Russotto, che una carriera dignitosa l’hanno avuta, ma ben diversa da quella che sognavano. Macheda a 16 anni è già al Manchester United e a 17 segna il gol vittoria sull’Aston Villa, all’esordio in Premier League. Con i Red Devils però non esplode davvero mai e oggi, a 28 anni, milita nel Panathinaikos, in Grecia. Esperienza precoce all’estero anche per il talentuoso Russotto, strappato alla Lazio dal Bellinzona a 16 anni, ma deludente nelle due stagioni in cui assapora la Serie A, nel Treviso e nel Napoli. Oggi è alla Cavese, in Serie C.

Tanti rimpianti ha pure Federico Carraro della Fiorentina, una presenza in Serie A con Prandelli nel 2010, considerato il miglior fantasista della classe 1992, annata ricca di talenti. A Carraro, all’epoca della Primavera viola, arrivano più complimenti che per i suoi coetanei Marco Verratti, Simone Verdi e Stephan El Shaarawy, che in gioventù gioca da classico “numero 10”.

Un potenziale campione sembra, per qualche tempo, anche Victor Da Silva, attaccante brasiliano del Chievo Primavera, autore di 30 gol in 42 partite tra il 2012 e il 2014 e campione d’Italia con i ragazzi clivensi nel 2014. Arrivato al debutto in Serie A nel 2013, in un match contro l’Atalanta, Da Silva tenta poi l’avventura in B, con scarso successo, indossando le maglie di Pescara, Brescia e Perugia: oggi, a 25 anni, ha all’attivo 9 reti totali in carriera tra i professionisti ed è un comprimario nella Virtus Verona in Serie C.

Anche l’attaccante Rey Volpato, ai tempi della Primavera della Juve, sembra un talento in erba: arrivato dal Padova, con cui aveva giocato spesso in Serie C1 a soli 17 anni, Volpato è tra i protagonisti del successo bianconero nel Torneo di Viareggio 2005, segnando peraltro il secondo gol nella finale vinta sul Genoa. Capello lo porta con sé in prima squadra, inserendolo al posto di Nedved in occasione di un match di Coppa Italia perso con l’Atalanta, ma il sogno bianconero finisce là. Volpato galleggia tra Serie A e B per sette anni (girovagando tra Siena, Arezzo, Empoli, Bari, Piacenza, Gallipoli e Livorno), senza decollare mai. Nel 2014, a 28 anni, scende in Eccellenza, dove gioca tuttora, con il Real Martellago, in Veneto.

Una meteora bruciata in fretta è Mohammed Aliyu Datti, che esordisce in Serie B a 15 anni, nel Padova, balla tra Primavera e titolari del Milan per due stagioni, tra i 16 e i 18 anni (2 presenze in Serie A in rossonero, campione d’Italia nel 1999 in virtù di un quarto d’ora scarso giocato contro il Bologna), arriva al debutto nella nazionale nigeriana nel 2004 e lascia il calcio nel 2010, a soli 28 anni.

A Milano ricordano anche un altro nigeriano, l’attaccante Isah Eliakwu, che nella Primavera dell’Inter è fenomenale in tandem con il “gemello” Obafemi Martins: nel 2003-04 firma 21 gol con i ragazzi nerazzurri, che si fermano a un passo dallo scudetto giovanile, perso ai rigori in finale contro il Lecce. Nelle stagioni successive fa una buona impressione in Serie B con la Triestina e lo Spezia, ma il suo fuoco di paglia è già spento quando ha 23 anni, nel 2008, soprattutto a causa di numerosi problemi fisici. Di Eliakwu si perdono le tracce nel 2012, dopo una impalpabile parentesi in Russia nel ricchissimo Anzhi Machackala, in cui gioca anche Samuel Eto’o.

A Napoli nel 2010 si dice un gran bene di Giuseppe Iuliano, centrocampista 17enne che attira le attenzioni del Chelsea e che Mazzarri porta in panchina in Serie A, in occasione di una gara vinta a Bari. Tre anni più tardi si ritrova però nell’Angri, in Eccellenza, campionato in cui gioca ancora oggi, a 27 anni, con la maglia della Scafatese. Una furia, nelle giovanili del Napoli, è anche il fantasista Felice Gaetano, fratello maggiore di Gianluca, passato a gennaio scorso dai partenopei alla Cremonese. Felice, negli Allievi del Napoli, indossa la maglia numero 10, che sotto il Vesuvio è sacra per “colpa” di Maradona. Poi gioca nella Primavera azzurra per quasi quattro stagioni, tra il 2012 e il 2016, salvo perdersi successivamente in Serie D senza lasciare tracce. Oggi, a 24 anni, gioca in Eccellenza nella Mariglianese.

Chissà se ha qualche rimpianto Sergio Di Corcia, capace di segnare 30 gol in una sola stagione, nel Campionato Primavera 1996-97, con la maglia del Foggia. Delio Rossi lo lancia in Serie B con i pugliesi, ma ben presto la sua carriera si assesta su altre dimensioni, tra Serie C e D, non senza qualche soddisfazione. Ben altro curriculum, in questo campionario, possono vantare i quasi coetanei Stefano Okaka e Vincenzo Fiorillo, arrivati rispettivamente alla nazionale (4 presenze e un gol per Okaka) e a una buona carriera in Serie B (Fiorillo oggi è capitano del Pescara). Le premesse però erano altre e gli interessati lo sanno bene: Okaka, nella Primavera della Roma, segna gol a valanga, forte anche di un fisico superiore alla media, esordisce in Serie A a 16 anni (la prima panchina addirittura a 15 anni e 8 mesi), ma in giallorosso non riesce mai ad affermarsi.

Fiorillo invece sembra un predestinato sin dalle prime apparizioni nelle nazionali giovanili: debutta in Serie A a 18 anni con la Sampdoria nella stessa stagione in cui vince lo scudetto Primavera e a 19 viene eletto miglior portiere del Torneo di Viareggio, perso in finale contro la Juve nel 2009, poi però non riesce mai a conquistarsi una maglia da titolare nel massimo campionato. Si parla di lui come del “nuovo Buffon” e Fiorillo, forse, si monta un po’ la testa: «Sono cose che impari col tempo, essere atleti sempre, non solo quando indossi i guanti – le parole nel 2018 del portierone ligure al sito di Gianluca Di Marzio – non capivo l’importanza di quei momenti. Oggi ho 28 anni e ogni tanto catechizzo i più giovani. Ripenso ai miei errori, spero che siano più veloci di me a capire che il tempo passa in fretta e non va sprecato». Chissà quante volte è accaduto e chissà quante volte accadrà ancora.

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