Mettere a fuoco l’Arsenal

Come Arteta sta provando a valorizzare una rosa sterminata

Una delle squadre più interessanti del 2021 appena iniziato è una squadra che doveva per forza di cose attraversare una fase di apprendimento e di settaggio generale nella scelta degli uomini e dei compiti, che in questo momento però sembra essere già a buon punto. Stiamo parlando dell’Arsenal di Mikel Arteta.

Dal Boxing Day in avanti l’Arsenal ha vinto sette partite, pareggiandone due, di cui una con un ottimo Manchester United e perdendone tre, di cui una in 10 contro il Wolverhampton martedì scorso.

Con l’uscita di scena di Arsène Wenger che ha allenato la squadra e soprattutto impresso la sua filosofia all’intero ambiente dal 1996 al 2018, i successori hanno sofferto di desiderio di “ricostruzione” troppo rapida e sono falliti sia i progetti di Unai Emery che quello molto veloce e passeggero di Fredrik Ljungberg. La dirigenza non ha continuato a cercare strade che volevano strizzare l’occhio al passato dei Gunners e ha scelto una filosofia avversaria, per cercare di impiantarla “chirurgicamente” nell’ambiente e nella squadra. Per fare le cose bene sono andati a bussare al secondo del miglior allenatore in circolazione (che per inciso ha giocato cinque anni con i Gunners per cui conosceva benissimo l’ambiente da cui dover discostarsi) e lo hanno preso, dandogli anche il giusto tempo. E Mikel Arteta sta costruendo un buon Arsenal.

In primo luogo sta dando valore alla rosa che ha disposizione. La rosa dell’Arsenal è da sempre immensa, stracolma di vecchi marpioni che spesso vegetano altre volte decidono le sorti del club, ma per fortuna anche di ragazzi giovani che dalle squadre giovanili vengono su in grande fretta.

Tutti pensavano che questo sarebbe stato l’anno dei tre ragazzi su cui dover ricostruire l’Arsenal del futuro, ovvero i tre attaccanti Nicolas Pépé, Eddie Nketiah, che all’inizio anno faceva faville in Under 21 inglese e Reiss Nelson. Dopo averli testati in vari modi e con diversi compiti, dal cilindro di Arteta sono venuti fuori altri giovanissimi, oggi davvero fondamentali per la sua squadra. Il migliore di tutti, e quando dico migliore di tutti intendo dell’intera squadra, oggi è il classe 2001 Bukayo Saka, un concentrato di rapidità e scaltrezza che ne fanno un prospetto fantastico da associare a Lacazette e Aubameyang. L’altro calciatore che non doveva esserci e invece c’è e si sente è Emile Smith Rowe, uomo centrale per l’equilibrio tattico che Arteta vuole dare alla sua squadra.

Tatticamente l’Arsenal si schiera con un 3-4-3 in fase di possesso e molto spesso la manovra inizia con Granit Xhaka che scende sul centro sinistra e lavora il pallone per cercare tracce che raggiungano o Lacazette centrale, il quale si abbassa tanto oppure il calciatore che è nel mezzo spazio di sinistra, di regola Aubameyang, ma eventualmente anche Martinelli o Willian.

Questo inizio azione è lo stesso che mette in pratica anche il Verona di Juric, il quale fa comporre un triangolo molto tecnico che unisce Veloso, Zaccagni e Dimarco. Arteta lo utilizza allo stesso modo in quanto ha uomini che sanno uscire molto bene dalla pressione avversaria a sinistra, per poi ribaltare velocemente il gioco verso giocatori che sanno giocare molto bene sul lato debole, come Barak per il Verona e Saka in questo caso nell’Arsenal. Un ruolo e compiti fondamentali di aggressione in caso di perdita del pallone in questo contesto sono svolti da  Smith Rowe, diventato in un attimo importantissimo per l’intero assetto grazie alla sua mobilità e alla sua stamina davvero impressionante.

Molto interessante quello che abbiamo visto domenica contro il Leeds. Il centrocampo ha trovato un equilibrio che sa unire qualità e coperture. Xhaka ha giocato da primo input alla manovra, coprendo molto bene in fase di non possesso. Smith-Rowe ci mette chilometri e chilometri che fanno sempre bene e poi Arteta ha fatto giocare insieme Dani Caballos e Martin Ødegaard, capaci di immaginare gioco come non fanno gli altri e i risultati si sono visti subito con i quattro gol rifilati alla squadra di Bielsa.
In fase di non possesso, la squadra invece si riposiziona con un 4-2-3-1 in cui tutti sono molto bravi a restare compatti e a non lasciare aree di ricezione agli avversari troppo poco presidiate. Questa grande capacità della squadra è risultata evidente nella partita contro il Manchester United durante la quale Bruno Fernandes, cervello del passaggio di manovra dalla difesa all’attacco dei Red Devils, ha fatto poco perché poco trovato libero dai suoi compagni.

Avendo poi sempre a disposizione grande velocità di punta sulle fasce, sia pensando ai laterali offensivi che a quelli difensivi, il portiere Leno o David Luiz con il suo piede educato, spesso saltano il centrocampo e cercano le frecce direttamente in verticale, seguendo quello che Guardiola almeno da un anno a questa parte sta chiedendo a Ederson nel suo Manchester City.

Se guardiamo ai numeri di squadra nella Premier League attuale emerge come l’Arsenal non sia una squadra che cerca il possesso palla ossessivo, essendo solo ottava con il 51,8%, mentre per precisione dei passaggi è quarta, con l’84,5%. Questo è un segnale di come la squadra scelga spesso linee di gioco verticali e che sottolinea come siano tecnicamente bravi soprattutto i giocatori di centrocampo che devono gestire la palla sotto il pressing avversario. Nonostante questo gioco rapido e preciso però gli attaccanti non stanno facendo al meglio il loro lavoro. Per tiri nello specchio l’Arsenal è solo 13esimo, con 4 tiri a gara, mentre per dribbling riusciti solo quindicesimi, nonostante abbiano dribblatori come Pépé e Saka.

Per migliorare statistiche e di conseguenza gioco e risultati, l’Arsenal può attingere a un serbatoio davvero ricco. Fra i centrali di difesa aveva iniziato alla grande la stagione Gabriel, preso questa estate dal Lille per 26 milioni e subito inseritosi bene, tanto che sembrava serenamente molto più utile di David Luiz. Ma il Covid lo ha colpito con durezza e non si è ancora ripreso appieno. Come interni di centrocampo poi hanno giocato alcune partite meravigliose sia Dani Ceballos che Gabriel Martinelli, ma il primo è sempre in ripresa da qualche infortunio, il secondo incostante e capace di risolvere la partita così come di essere dannoso per 90 minuti. In attacco poi giocare o non giocare con Pierre-Emerick Aubameyang fa tutta la differenza del mondo, è lui il calciatore che fa fare il salto di qualità alla squadra.

Insomma l’Arsenal è una squadra che ha ben compreso le idee di base di Mikel Arteta, ma la fase di apprendimento non è terminata e il miglioramento della squadra con innesti dalla rosa stessa è sicuramente possibile. Per adesso Arteta si gode Saka, Smith Rowe e il duo Xhaka-Thomas a centrocampo, ma solo una volta tornati in perfetta forma Gabriel e Aubameyang (i tre gol al Leeds però già ci fanno ben “sperare”), l’Arsenal diventerà una squadra difficile per tutti in tutte le competizioni.

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